sabato 15 ottobre 2011

IL RE CHE NON RIUSCIVA A DORMIRE - commentato






Un Re che non riusciva a chiudere occhio, disse al suo Primo Ministro di andare alla stalla, che stava poco distante dal palazzo, a dire al cavallo di non russare perché lui non riusciva a dormire.
Il Primo Ministro andò dal Ministro dell’Agricoltura e dell’Ambiente e gli disse di andare alla stalla a dire al cavallo di non russare perché il Re non riusciva a dormire.
Il Ministro dell’Agricoltura e dell’Ambiente andò dal Ministro senza Portafoglio e gli disse di andare alla stalla a dire al cavallo di non russare perché non faceva dormire il Re.
Il Ministro senza Portafoglio, che come gli altri non aveva voglia di andare nella stalla, andò invece dal Buffone di corte e riferì di fare quanto gli era stato detto.
Il Buffone di Corte andò dal Paggio e gli disse di far smettere il cavallo di russare perché al Re dava fastidio.
Il Paggio andò dal Maggiordomo e glielo riferì.
Il Maggiordomo andò dal Cameriere e riferì quanto gli era stato detto.
Il Cameriere andò dal Garzone.
Questi finalmente attraversò il cortile che era già l’alba e bussò a casa dello Stalliere.
Lo Stalliere aprì che il sole si alzava.
Il Garzone riferì che il Re non riusciva a dormire perché il suo cavallo russava.
Lo Stalliere andò a riferirlo al cavallo, ma quando aprì la porta della stalla, vide che era stata solo accostata e dentro non vi era nessun cavallo.

Il cavallo era già fuori da un pezzo. Tutta la notte non era riuscito a chiudere occhio per colpa del russare forte del Re.

IL SOGNO DEI NUMERI commentato





Una volta un bambino che andava a scuola e che non amava la matematica, su un compito che aveva fatto senza averci capito nulla, prese per voto un grosso tondo zero. La maestra inoltre lo rimproverò anche perché non si applicava.
Il bambino tornò a casa molto triste, ma la famiglia non ci fece caso.
Si sentiva uno zero.
La sera si mise a dormire dispiaciuto di come era andata la giornata.
Sognò molto quella notte.
Un sogno molto lungo.

Si trovava in una città strana, gli abitanti erano numeri, a una, a due, a tre, a quattro cifre e così via. Per strada s’incontravano solo unità, decine, centinaia, migliaia, etc.
Camminavano, correvano, correvano anche in bicicletta e alcuni prendevano perfino l’autobus. Ma tutti quanti facevano le operazioni.
Non facevano altro.
Ogni tanto si mettevano in colonna, comandati dai segni delle operazioni. E guai a loro se si sbagliavano i risultati: gli uguali diventavano tutti rossi, ma rossi accesi accesi e si mettevano a strillare, che tutti i numeri scappavano a cercare quello giusto per il risultato che doveva venire.
Per strada era pieno di segni che aspettavano i numeri.
Il bambino era frastornato da tutto questo affannarsi in questa città così strana.
Alcuni numeri aveva provato a interrogarli, ma non lo avevano sentito.
Poi venne apostrofato da un meno che voleva fare un’operazione : gli chiese che numero fosse. Il bambino che sapeva di non essere un numero, stava per dirglielo, ma poi si ricordò del voto che aveva preso e rispose che era uno zero.
La sottrazione tutta contenta gridò forte, rivolta all’uguale che, disperato era tempo che stava cercando uno zero e non riusciva a trovarlo in tutta la città piena di numeri, che l’aveva trovato!
Subito dissero a lui: ”Che aspetti a metterti in colonna?” “Dai! Sbrigati! Così finiamo l’operazione!”
Lui che si sentiva che non contava nulla, ebbe la sensazione di contare per quei numeri che senza di lui non potevano terminare la loro operazione.

Quando la mattina si svegliò, si sentii più rincuorato per il bel sogno che aveva fatto  e andò a scuola.
Al compito che fece quella mattina, i numeri non gli erano più estranei e i risultati non erano più così difficili da trovare.
La maestra gli diede un bell’otto con una faccia tonda tonda e sorridente.