sabato 17 settembre 2011

ANTEFATTO


Ogni bambino che viene al mondo
sovverte l’idea che i suoi genitori
se ne erano fatti …

PREMESSA


 “C’era una volta un papà che aveva un bambino che ogni sera prima di andare a letto voleva sentire una storia dal suo libro speciale.

Il papà univa le mani distese come un libro aperto e sui palmi comparivano le parole di racconti che leggeva al suo bambino.

Erano tutti più o meno brevi dato che stavano scritti solo sui palmi delle mani.”

LA PECORA INSONNE


Una pecora non riusciva a dormire perché non riusciva a contare che se stessa.
Decise di uscire a cercare un’altra pecora e cammina, cammina, finalmente la trovò.
Ma anche due pecore non riuscivano a contare che fino a due e continuavano ad avere paura del lupo.
Facendo molta attenzione uscirono a cercare altre pecore e ne incontrarono altre due.
Ma anche in quattro erano poche, allora continuarono a cercare.
Ne trovarono altre quattro.
Ma anche in otto erano poche per riuscire a trovare sonno. Allora uscirono e ne trovarono altre otto.
Erano sedici : una decina e sei unità. Ma erano ancora poche.
Ne trovarono altre sedici. Ma anche in trentadue : tre decine e due unità, erano poche.
Ne trovarono altre trentadue, erano sessantaquattro: sei decine e quattro unità, ma erano ancora poche.
Uscirono ancora una volta e ne trovarono altre sessantaquattro. Erano centoventotto: un centinaio, due decine e otto unità.
Iniziavano ad essere un numero consistente, ma avevano ancora paura del lupo.
Uscirono e trovarono altre centoventotto pecore.
Erano duecentocinquantasei: due centinaia,cinque decine e sei unità.
Ma erano ancora poche.
Uscirono e incontrarono altre duecentocinquantasei pecore.
Erano cinquecentododici: cinque centinaia, una decina e due unità.
Non si sentivano ancora sicure e incontrarono altre cinquecentododici pecore.
Adesso erano milleventiquattro. Un bel numero, non c’è che dire.
Un migliaio, due decine e quattro unità.
Ma avevano ancora paura del lupo e non riuscivano a dormire.
Uscirono un’altra volta ed incontrarono altre milleventiquattro pecore.
Tutte insieme ammontavano a duemilaquarantotto: due migliaia, quattro decine e otto unità.
Ma ancora non avevano sonno.
Uscivano ancora e trovando altre duemilaquarantotto, quando tornarono erano quattromilanovantasei.
Un numero grande e grosso che un bambino si stanca a contarlo tutto.
Quattro migliaia, nove decine e sei unità.
Ma ancora volevano essere di più.
Quando tornarono erano ottomilacentonovantadue pecore.
Otto migliaia, un centinaio, nove decine e due unità.
Le due unità si sentivano poche, ma la compagnia delle nove decine, del centinaio e soprattutto delle otto migliaia le rendeva sicure di non essere catturate dal lupo.
E finalmente riuscirono a trovare il sonno.
I bambini che hanno paura dell’”Uomo Nero” o dei “Mostri” che popolano la loro fantasia, quando ascoltano questa storia, si sentono più sicuri in compagnia di tutte queste pecore e riescono anche loro a trovare il sonno, contando tutte le pecore che vi si trovano intorno.

IL RE CHE NON RIUSCIVA A DORMIRE


Un Re che non riusciva a chiudere occhio, disse al suo Primo Ministro di andare alla stalla, che stava poco distante dal palazzo, a dire al cavallo di non russare perché lui non riusciva a dormire.
Il Primo Ministro andò dal Ministro dell’Agricoltura e dell’Ambiente e gli disse di andare alla stalla a dire al cavallo di non russare perché il Re non riusciva a dormire.
Il Ministro dell’Agricoltura e dell’Ambiente andò dal Ministro senza Portafoglio e gli disse di andare alla stalla a dire al cavallo di non russare perché non faceva dormire il Re.
Il Ministro senza Portafoglio, che come gli altri non aveva voglia di andare nella stalla, andò invece dal Buffone di corte e riferì di fare quanto gli era stato detto.
Il Buffone di Corte andò dal Paggio e gli disse di far smettere il cavallo di russare perché al Re dava fastidio.
Il Paggio andò dal Maggiordomo e glielo riferì.
Il Maggiordomo andò dal Cameriere e riferì quanto gli era stato detto.
Il Cameriere andò dal Garzone.
Questi finalmente attraversò il cortile che era già l’alba e bussò a casa dello Stalliere.
Lo Stalliere aprì che il sole si alzava.
Il Garzone riferì che il Re non riusciva a dormire perché il suo cavallo russava.
Lo Stalliere andò a riferirlo al cavallo, ma quando aprì la porta della stalla, vide che era stata solo accostata e dentro non vi era nessun cavallo.

Il cavallo era già fuori da un pezzo. Tutta la notte non era riuscito a chiudere occhio per colpa del russare forte del Re.

LE SETTE NINNE NANNE E IL MARE


Sette ninne nanne stavano discutendo su quale di loro fosse più efficace per far addormentare i bambini.
Ognuna canticchiava con vigore la propria nenia, pretendendo che le altre ne apprezzassero l’efficacia.
Nessuna di loro però era disposta ad ammettere che un’altra fosse migliore della propria.
Era ormai diverso tempo che discutevano senza riuscire a venirne a capo.
Avrebbero voluto chiedere ad un bambino quale gli piaceva ascoltare o alla sua mamma quale preferiva raccontare, ma intorno a loro non vi erano persone in quel frangente.
Era sera, quasi notte e si trovavano in riva al mare.
Erano tutte troppo prese nel fervore della discussione per accorgesi della sua presenza.
Si fece sentire lui con il dolce rumore delle sue onde. Venne avanti a piccole increspature ricolme di schiuma bianca.
Si accorsero che avevano un’ospite a cui chiedere consiglio e non tardarono a farlo.
Rivolsero tutte le loro orecchie nella sua direzione per ascoltarne la risposta.
Lui chiese a tutte loro di ricantare le loro nenie, in modo da poter esprimere la sua opinione in merito.
Lo accontentarono e a turno ognuna di loro canticchiava le proprie strofe sulle proprie note.
I suoni che uscivano si disperdevano però davanti l’immensità di quelle onde, delicate che si susseguivano sulla riva. La melodia che suonavano quelle onde le sovrastava e davanti quel ritmo calmo e regolare impallidiva ogni tentativo di nenia, qualunque fosse.
La notte era scesa, infine, delle ninne nanne restavano solo a tratti dei passi.
Quello che invece non smetteva era il placido cullare del mare, che allietava perfino la luna e le stelle che dal cielo si specchiavano serene.