sabato 17 settembre 2011

LA PUNTEGGIATURA


Un bambino che parla non sa ancora niente delle pause che deve fare nei discorsi e svuota tutto il contenuto di ciò che sente di voler dire, senza preoccuparsi se tutte le parole che tira fuori, e tutte insieme, sommergono chi lo ascolta, fino al punto che non riesce nemmeno più a sentire.
Ancora non ha capito che a volte deve sostare a riprendere fiato e dare il tempo a chi gli sta vicino, di far entrare tutte le parole dette fino a quel momento, ad una ad una, nelle orecchie, altrimenti non ci capisce niente.
Un grande, poi, quando un bambino parla, spesso non lo ascolta nemmeno con il dovuto rispetto, lui si sente grande e pensa che tutto quello che il bambino vuole dire, lui lo sa già ed è quasi inutile che lo stia a sentire.
Ma forse si è dimenticato delle sensazioni che il bambino desidera comunicare: è vero che sono cose che lui ha già vissuto, ma quando? Decine d’anni prima! E crede ancora di ricordarsi tutto?!
Quando al bambino viene spiegata la scrittura, inizia ad imitare le letterine e, piano piano, mettendoci tanta buona volontà, si impara anche a scriverle, montandole anche insieme a costruire parole.
Ma le virgole, i punti e virgola, i punti, i punti esclamativi e i punti interrogativi a cosa servono?
Il carattere alle parole il bambino glielo da mentre le dice e quando le scrive si vede chiaramente che sono scritte da un bambino: con tutte le zampe e le braccia che allungano, il lettore lo abbracciano, lo afferrano saldamente e se lo trascinano di peso fino all’ultima sillaba scritta, esprimendo chiaramente i loro concetti, senza bisogno di prendersi alcuna pausa, né tergiversare in inutili indecisioni.
Il bambino ha fretta di posare la penna e riprendere a correre dietro alla sua fantasia.

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